Per un pugno di Barley: Zàgara, Sella del Diavolo e Toccadibò

Era ed è uno dei birrifici meno reperibili, vuoi perchè si concentra sulla distribuzione nella ristorazione, vuoi perchè sardo e lontanuccio, vuoi perchè produce solo bottiglie (e solo a 75cl) e niente fusti, per scelta.

Si tratta di Barley del birraio sardo Nicola Perra, che spesso fa parlare di se' perle produzioni che vedono l'utilizzo di mosti di vino o uve.
In questo caso, invece, le birre che assaggiamo in una tranquilla serata da Infermento a Polignano a Mare sono meno estreme e più quotidiane, nonostante abbiano comunque le loro unicità.

Partiamo con la Zàgara, birra che vede l'utilizzo di miele d'arancio di 5,1%alc. Il colore è davvero aranciato, con una schiuma bella pannosa. Scaldandosi un po' regala note di fiori d'arancio e di scorza oltre ad un piccolo strascico lievitoso.
Mentre in bocca è caratterizzata sicuramente da secchezza e carbonazione vivace, ottima chiave per farne una birra dissetante ed allegra.
Non c'è altro da fare se non che apprezzarla e basta.

Seconda 75cl stappata è la Sella del Diavolo, belgian amber da 6,5%alc.
La schiuma qui prende caratteristiche ancor più avvolgenti e sprigiona al naso subito dei sentori biscottati ed abboccati con qualche punta vinosa e lievemente affumicata. In bocca si rivela morbida sicuramente con ricordi di cacao dolce, con qualche torrefatto in evidenza tra le note di frutta secca e di amarena che si intrecciano.
Base maltata molto avvolgente che mi ha ricordato in diversi passaggi la Abboccata del birrificio Birranova, di cui ho trangugiato pinte su pinte e che conosco discretamente bene. Molte caratteristiche le ho sentite comuni ad eccezione per il finale non molto amaro ma piuttosto bilanciato.
Sicuramente un bel bere.


Terza ed ultima, per ora, reperita di Barley è la Toccadibò, bionda di ispirazione belga da 8,4%alc.
Il dubbio era se fosse belgian golden ale o tripel, con confini un po' labili tra le due categorie e qualche licenza poetica che spesso i birrai italici dimostrano nel mescolare stili e tradizioni.
La risposta arriva a fine bevuta, ma inizialmente è davvero dolce perdersi nel fruttato di albicocca sparato a mille dalla schiuma bianca compatta, insieme a candito ed etilico che spiccano di contorno.
In bocca ancora il fruttato predomina e si adagia sul carattere dolciastro della birra, che nega una qualsiasi forma di secchezza e ci libera dall'ipotesi ormai lontana di accostarla allo stile tripel.
Come Kuaska suggerisce nella descrizione che compare sul sito, è avvertibile un ricordo di amaretto grazie a questa dolcezza e ad una sottile luppolatura che bilancia il sorso, soprattutto comparendo nelle sensazioni retronasali espirando dal naso a fine bevuta.
L'impressione finale è che però questo fruttato in una birra sostanzialmente inquadrata stia un po' stretto, nel senso che meriterebbe di fare da cornice a birre ulteriormente più complesse e più secche.
Non si tratta di un consiglio al bravo Perra, che di certo non ne ha bisogno, ma un'osservazione da consumatore consapevole di birra, anzi...di birra belga. Impressioni, certo, non sentenze.

In conclusione abbiamo bevuto tre buone birre di buonissimo livello, oltre la media nazionale.
La sensazione è che il top delle sue capacità Perra lo dia con le sue produzioni speciali, di cui ho bevuto BB9, BB10 e vorrei bere presto BBevò.

Senza dubbio un nome importante quello di Barley ed una mano precisa e moderata nella filosofia produttiva.

Cheers!

Commenti